L’artigianato si narra…

Di questi tempi va molto di moda la parola artigianato: va salvato, va reso diverso, va attualizzato, va inglobato in un’ottica internazionale con metodologie d’avanguardia, va insufflato di stampanti 3D. Va modificato!

Io penso invece che vada semplicemente narrato, raccontato.
Bisogna vedere le mani di chi fa.
Comprendere il perché di un mestiere che poi è una scelta importante, di ritmi, di odori e dolori che saranno compagni per tutta la vita.

Capire come un Io unico riesca ad modificare della materia dandogli un’energia tale da realizzare qualcosa che non è solo un monile… solo un oggetto, ma è frutto di una conoscenza collettiva di cui una persona ha deciso di farsi tramite attraverso le sue mani, le sue ferite.

E’ veramente dura la vita dell’artigiano.

I suoi tempi e modi rispecchiano il materiale che ha scelto.
Credo sia il materiale a scegliere a chi concedersi.

In ogni loro realizzazione ci siamo tutti noi, la nostra evoluzione, quella naturale e fatta di contatto con la natura.

I polimeri sono materiali recenti, troppo recenti per mettersi affianco ad una pietra e pretenderne l’attenzione.
Manipolare i polimeri è meccanica, tecnica. Modellare gomma è un gioco di pulsanti.

Tagliare la pietra, fondere i metalli, scegliere il momento giusto in cui una terra è pronta per essere manipolata, decidere come tornire un legno, un pezzo di ferro.. questo è l’essere umano. Questo è l’artigiano.

Questa è magia. Questo è l’artigianato!

I tempi, l’attesa… le pause.

Amo fotografare questo mondo.

Raccontarlo

e scoprirne la bellezza anche dove qualcuno ti dice “ma qui non c’è niente da fotografare!”

Ringrazio i miei genitori, per quelle gite, quelle passeggiate per andare a vedere “come si fanno le cose”. La stima che i miei manifestavano per gli artigiani mi ha lasciato addosso la curiosità di conoscerli e poi crescendo, professionalmente, la voglia di narrarli.

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